Ferite aperte.


Ilaria, una di noi. Che mestizia.
Indosso occhiali da secchiona per sembrare intelligente
Ferite aperte.


Ilaria, una di noi. Che mestizia.
L’amore…letteralmente.

Nel trentennale del mio incondizionato amore per I Promessi Sposi mi ricordo che effettivamente Alessandro Manzoni è considerato a pieno titolo il Padre della letteratura italiana per tutto quello che il suo romanzo rappresenta e scopro pure che la stupendissima casa editrice Becco Giallo pubblica dei graphic novel stupendissimi, come ad esempio la biografia su Manzoni, e vuoi non prenderla?


Corre l’anno 1995, m’imbatto per la prima volta in Renzo e Lucia in terza media, scoppia l’Amore, conservo gli appunti originali delle lezioni di Italiano.
Corre l’anno 2025, l’Amore per i libri prosegue, solcando anche nuove strade.
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Sogno o son desta?

E niente, ho scoperto il genere “graphic novel” e chi lo lascia più. Questi primi tre volumi di Becco Giallo me li sono letti in tre sere, facendo poi tre bei sogni, e siccome non c’è il due senza il tre, ecco che il quarto vien da sé.
Amore a prima vista…consumato in un paio d’ore.


Vorrei dire tutto d’un fiato che questo graphic novel è fighissimo perché le illustrazioni sono bellissime e da grafica che nasco e che continuo a essere sono rimasta assolutamente colpita dall’incisività del tratto e i testi brevi ma intensi sono pure bellissimi e siccome sono e sarò anche in futuro pure una markettara vi dico che è scritto da dio e quindi è proprio tutto tanto fighissimo anzi FIGHISSIMOOOOOOO! Bang Bang!!
Tempo di lettura: due ore ben godute. Trasporto emotivo: come la Brenta in piena.
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Guardarsi negli occhi fa ancora, per fortuna, effetto.
Ricordo di aver visto in tivù, qualche anno fa, un documentario molto forte che ricostruiva gli assassini commessi dal mostro di Milwaukee, serial killer statunitense responsabile di 17 cruenti omicidi effettuati in città tra il 1978 e il 1991, compiuti su ragazzi dai 14 ai 28 anni. L’assassino, i cui metodi contemplavano violenza sessuale, necrofilia, cannibalismo e squartamento, fu ritenuto colpevole e condannato all’ergastolo totalizzando 957 anni di reclusione.
Di tutta questa vicenda, di cui mi sono rimasti in mente lo sgomento e l’apprensione dei miei genitori quando ne sentivamo parlare al tg della sera, mi ha colpito molto un particolare del processo in tribunale: un rappresentante delle 17 famiglie delle vittime, in piedi di fronte ai giurati, mostrò loro le foto formato A4 di ciascun ragazzo ucciso, ripetendone nome, cognome, età e dettagli personali, invitando la giuria a non lasciarsi impietosire dalla presunta infermità mentale dell’assassino, ma di guardare i volti delle vittime e pensare a quali atroci barbarie avevano subito. Questo gesto, apparentemente semplice ma in realtà molto significativo, funzionò e contribuì alla carcerazione definitiva dell’imputato.
Ergo: guardarsi negli occhi fa ancora, per fortuna, effetto.
Emoziona, fa prendere coscienza, conferisce peso e da maggior significato alle parole. E ieri sera, in un contesto di certo diverso ma comunque focalizzato su tematiche importanti quali la parità di genere e i femminicidi, ho voluto riproporre lo stesso schema: a fine presentazione del saggio “Costruire la parità ” di Tiziana Agostini ho mostrato le foto di quattro donne le cui vite ed esperienze sono state drammatiche, esemplari, punti di non ritorno. Mi riferisco a Frida Kahlo, Franca Rame, Tina Lagostena Bassi e Giulia Cecchettin ma potrebbero essere, anzi sono o sono state, molte di più.
Come immaginavo, è stato toccante: prima di tutto per me che mi tremava la voce mentre le citavo e subito dopo per il pubblico che mi stava di fronte, fortemente colpito da quattro volti sorridenti che ti costringono a guardarli negli occhi, così che le parole non siano soltanto nomi pronunciati al vento, ma persone vere che hanno vissuto.
Grazie a Tiziana Agostini per quella che è stata a tutti gli effetti una lectio magistralis sulla condizione delle donne dalla notte dei tempi a oggi e al giornalista Pietro Rosa Gastaldo per averla supportata con competenza e signorilità .
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Sarebbe bello fosse soltanto rosa e bianca, ma tant’è.

Se la cronaca fosse soltanto rosa, o tutt’al più bianca, passeremmo dall’intrattenimento leggero alla divulgazione dei fatti generali, senza sostare sulla nera, intrisa di crimini e omicidi, evitando perciò anche il nastro giallo, che delimita il fu campo d’azione della delinquenza e il rosso, a sostengo della solidarietà alle donne, vittime incessanti di femminicidi all over the word.
Di violenza sulle donne, di patriarcato, di cultura, di storia e sociologia abbiamo parlato venerdì scorso con l’autrice Rossella Menegato, che nel suo curatissimo libro “Cronache di una casa chiusa” racconta della vita nelle case di tolleranza durante fascismo e Seconda Guerra Mondiale, e ragionavamo che a distanza di settant’anni qualcosa è stato migliorato, ma c’è ancora molto da fare. Partendo dall’educazione, prima di tutto. Educazione al rispetto dell’essere umano.
Scrive Rossella: “Chiusa, fra queste mura, vedo il mondo a fettine. Strisce di umanità , di cielo, di prati, di alberi, di animali. Strisce di sole accecante o pioggia battente. Strisce. Come il mio cuore totalmente ricoperto da bende per ogni ferita inflitta, dolore ricevuto, promessa mancata. Strisce diventate con il tempo impermeabili che mi permettono quindi di sopravvivere.”
Ci vediamo mercoledì 3 dicembre alle 18.00, sempre in Ferramenta Livenza, con Tiziana Agostini e il suo “Costruire la parità ” per continuare il dibattito.
Vi aspetto, ingresso aperto a tutti e tutte 👓
