Guardarsi negli occhi fa ancora, per fortuna, effetto.
Ricordo di aver visto in tivù, qualche anno fa, un documentario molto forte che ricostruiva gli assassini commessi dal mostro di Milwaukee, serial killer statunitense responsabile di 17 cruenti omicidi effettuati in città tra il 1978 e il 1991, compiuti su ragazzi dai 14 ai 28 anni. L’assassino, i cui metodi contemplavano violenza sessuale, necrofilia, cannibalismo e squartamento, fu ritenuto colpevole e condannato all’ergastolo totalizzando 957 anni di reclusione.
Di tutta questa vicenda, di cui mi sono rimasti in mente lo sgomento e l’apprensione dei miei genitori quando ne sentivamo parlare al tg della sera, mi ha colpito molto un particolare del processo in tribunale: un rappresentante delle 17 famiglie delle vittime, in piedi di fronte ai giurati, mostrò loro le foto formato A4 di ciascun ragazzo ucciso, ripetendone nome, cognome, età e dettagli personali, invitando la giuria a non lasciarsi impietosire dalla presunta infermità mentale dell’assassino, ma di guardare i volti delle vittime e pensare a quali atroci barbarie avevano subito. Questo gesto, apparentemente semplice ma in realtà molto significativo, funzionò e contribuì alla carcerazione definitiva dell’imputato.
Ergo: guardarsi negli occhi fa ancora, per fortuna, effetto.
Emoziona, fa prendere coscienza, conferisce peso e da maggior significato alle parole. E ieri sera, in un contesto di certo diverso ma comunque focalizzato su tematiche importanti quali la parità di genere e i femminicidi, ho voluto riproporre lo stesso schema: a fine presentazione del saggio “Costruire la parità” di Tiziana Agostini ho mostrato le foto di quattro donne le cui vite ed esperienze sono state drammatiche, esemplari, punti di non ritorno. Mi riferisco a Frida Kahlo, Franca Rame, Tina Lagostena Bassi e Giulia Cecchettin ma potrebbero essere, anzi sono o sono state, molte di più.
Come immaginavo, è stato toccante: prima di tutto per me che mi tremava la voce mentre le citavo e subito dopo per il pubblico che mi stava di fronte, fortemente colpito da quattro volti sorridenti che ti costringono a guardarli negli occhi, così che le parole non siano soltanto nomi pronunciati al vento, ma persone vere che hanno vissuto.
Grazie a Tiziana Agostini per quella che è stata a tutti gli effetti una lectio magistralis sulla condizione delle donne dalla notte dei tempi a oggi e al giornalista Pietro Rosa Gastaldo per averla supportata con competenza e signorilità.
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